Pubblicato su ”EUROMEDITERRANEO” n. 135 del 1 settembre 2008
BRINDISI, FERRAGOSTO DI FUOCO
Le emergenze verificatesi in pochi giorni
Nella zona industriale mettono in allerta la città
E’ proprio il caso di dirlo, per quanto è avvenuto a Brindisi: ben quattro emergenze in pochi giorni nella zona industriale. La perdita di ammoniaca dell’impianto della società Peritas nella notte di ferragosto; l’incendio alla Adriatica Maceri la mattina del 18 agosto e la stessa sera il black-out, che ha fatto intervenire le candele di sicurezza del petrolchimico, con fiamme visibili a decine di chilometri di distanza. Un nuovo black-out si è verificato dopo 24 ore. La zona industriale di Brindisi non è nuova ad emergenze, ma un così elevato numero in pochi giorni non si era mai verificato.
La situazione che si è venuta a creare ha dimostrato non solo l’efficienza degli apparati e degli uomini responsabili della sicurezza dei vari stabilimenti, ma anche la tempestività dell’intervento e la professionalità dei Vigili del Fuoco, diretti dal comandante ingegnere Giampiero Boscaino. A tutti va il plauso della città.
Il susseguirsi delle notizie, il fumo nero che si levava dalla zona industriale e la notte illuminata dalle candele del petrolchimico hanno creato, comunque, preoccupazioni ed angoscia nella città. La popolazione, oltre ad intasare le linee telefoniche dei Vigili del fuoco e delle forze dell’ordine, ha acquisito la consapevolezza di vivere a stretto contatto con impianti a rischio di incidenti rilevanti. Il sindaco Mennitti, consapevole dei possibili sviluppi delle emergenze, è prontamente intervenuto nel ruolo di primo responsabile della Protezione civile del Comune. E Mennitti si è reso conto che ”i piani prestabiliti” e l’intera macchina organizzativa della Protezione civile, non solo non sono operativi, ma vi sono carenze e incognite.
Sono scoppiate le immancabili polemiche, ma ogni emergenza o esercitazione di protezione civile, mette a nudo carenze, che vanno esaminate, commentate e possibilmente eliminate, tenuto conto dei vari scenari che si possono presentare, con un “Piano di emergenza”, che non può essere rigido. C’è chi ha criticato il “Piano di emergenza”, approvato il 3 luglio del 2006, elaborato per ben sei anni, davvero troppi. Non solo, il Comune di Brindisi ha stampato e distribuito (con un costo di ben 19.000 euro) un libricino, sunto del “Piano”, con le indicazioni ad uso della popolazione. Libricino che quasi nessuno ha ricevuto e, di conseguenza, il sindaco Mennitti si è visto costretto a coinvolgere la Magistratura. Il “Piano” prevede un certo numero di sirene di allarme installate con una gara di appalto, che ancora non è stata espletata; è stata indicata, quale punto di raccolta della popolazione, la zona di Costa Morena, quindi nella zona industriale: forse sarebbe opportuno indicare più zone, come i piazzali dei centri commerciali o aree, da ricavare per esempio nella ex base Nato, anche per l’ammassamento dei mezzi di soccorso, visto che la zona ex caserma dei vigili del fuoco è stata dichiarata a rischio idrogeologico.
Il centro storico di Brindisi è imbottigliato tra il mare, la base navale e la ferrovia. Via Porta Lecce è prevista come via di esodo, ma è stretta e insufficiente allo scopo; fino a poco tempo fa l’intera strada collegava la zona esterna della città con il centro storico, con intorno una fascia di terreno abbastanza ampia. Via Porta Lecce poteva, così, essere allargata ben oltre le esigenze del traffico e come via di esodo della popolazione civile; oggi non è più possibile in quanto è stato consentito l’ampliamento dello scalo merci ferroviario, che rappresenta anch’esso un impianto a rischio nel cuore della città e che ha vincolato la larghezza della strada stessa.
E’ ipotizzabile, in caso di emergenza, l’apertura dei cancelli dell’arsenale militare del lungomare di via Thaon De Revel e della porta carraia di via Provinciale San Vito, in modo che la popolazione possa defluire rapidamente, anche verso la zona nord della città. Restano indispensabili inoltre la creazione di un percorso alternativo a via Provinciale San Vito e il sottopasso di via Appia, a dimostrazione che la protezione civile e la sicurezza delle città iniziano dalle scelte urbanistiche.
L’argomento, comunque, è di notevole complessità e le emergenze possono essere diverse e interessare varie zone della città.
La pubblicazione del libricino è una condizione necessaria, ma per niente sufficiente. La popolazione deve essere messa al corrente della situazione esistente e addestrata alle emergenze; bisogna attivare le scuole, le associazioni, le parrocchie, i gruppi sportivi, i vari enti; indicare i mezzi di collegamento, di comunicazione, eccetera.
Alla luce degli incidenti avvenuti in passato nella zona industriale e del concentramento degli impianti a rischio elevato va riesaminata la brutta storia della localizzazione del rigassificatore nel porto di Brindisi, che continua ad alimentare discussioni e proteste. Recentemente il Comitato Tecnico Regionale ha respinto la richiesta di revisione del Nulla Osta di Fattibilità, la Regione sostiene che la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale della Brindisi Lng è errata, la Magistratura ha posto sotto sequestro l’intero cantiere. Provincia e Comune, ad eccezione di alcune precise posizioni personali, hanno atteggiamenti criticati da più parti. Legambiente si è attivata a vari livelli per dimostrare che l’impianto non è compatibile con l’ambiente del territorio e che non sono state seguite le procedure previste dalle leggi. La società Brindisi Lng sta facendo una propaganda a tappeto presso le varie fasce della popolazione, consegnando un opuscolo con rilievi satellitari dei vari rigassificatori sparsi nel mondo. Ma dall’esame delle foto non risulta nessun impianto costruito in vicinanza di coni di atterraggio o di piste aeroportuali. E’ di questi giorni il disastro all’aeroporto di Madrid e del Boeing-737, caduto subito dopo il decollo dall’aeroporto di Bishkek in Kirghizistan. La stragrande maggioranza degli incidenti aerei avvengono in fase di decollo e atterraggio.
La domanda che tanti cittadini si pongono è questa: oltre la legge c’è il buon senso, c’è la prudenza e la perizia nel prendere determinate decisioni. Di conseguenza, è normale localizzare il rigassificatore al limite del cono aeroportuale, vicino ad altri impianti a rischio di incidenti rilevanti?
Se il sindaco Mennitti vorrà lasciare una traccia positiva nella storia della città, in qualità di primo responsabile della Protezione Civile e in quanto politico capace e navigato, deve evitare la localizzazione del rigassificatore, così come è prevista.
Se le parole non sono chiacchiere, Guido Bertolaso, Capo della Protezione civile afferma testualmente: “In quanto a rischi, il nostro è davvero un Paese record. La tutela dell’ambiente? Un dovere di tutti. La Protezione civile ha il compito di tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi”, ed ancora, “il primo responsabile della Protezione civile in ogni Comune è il Sindaco, che organizza le risorse comunali secondo piani prestabiliti per affrontare i rischi specifici del suo territorio”.
Con la Brindisi Lng, che ha investito somme ingenti nella colmata del porto, si potrà comunque trovare un compromesso, che garantisca la sicurezza del territorio brindisino e rilanciare le occasioni di sviluppo, passando così, anche se con molto ritardo e attraverso la cultura della responsabilità ambientale, dalle emergenze alla prevenzione.
VITO MAELLARO