IL SORRISO DI TEODORO
UN SACERDOTE V.P.
Dopo l’evento Jaddico Teodoro era diventato un’altro, ormai era come un bambino che si lasciava prendere per mano da Gesù e Maria.
Il suo sorriso era imbarazzante perché esprimeva la sua purezza interiore.
Sono convinto che Teodoro ci sta guardando dal cielo con il suo dolce ed amabile sorriso.
UN SACERDOTE G.S.
Mi piaceva guardarlo negli occhi, quando passava dal banco (a lui durante la messa era affidata la raccolta delle offerte) e rimanevo incantato dal suo sguardo sorridente e dolce.
UN TESTIMONE D.P.
L’amore che esprimeva conle sue parole, l’espressione del volto, il suo sorriso statico erano tali da emozionare e coinvolgere i fedeli che in quei momenti godevano anche essi della sua grazia.
UNA TESTIMONE S.A.
Sempre quel sorriso perché fondamentalmente il carattere era sempre quello, era buono.
UNA TESTIMONE M.A.
Mi piaceva osservare lo sguardo di Teodoro perché dallo stesso trasparivano una limpidezza e una bontà d’animo che unitamente al suo spirito di riservatezza e di uomo dedito alla contemplazione e alla preghiera, rendevano l’idea di come, in qualità di cristiani, si possa dire si a Dio e alla Vergine Maria.
UN TESTIMONE T.S.
Notavo che Teodoro era cambiato, come tra la notte e il giorno. Prima non sorrideva mai. Avevo capito che c’era qualcosa in lui che lo aveva trasformato. Non aveva bisogno di sorridere, aveva il sorriso sulle labbra, era il suo viso che sorrideva, c’era in lui un cambiamento di felicità, dall’espressione si notava un senso di beatitudine nel cuore. Notavo su di lui queste cose.
Mi dicevo che aveva incontrato qualcosa capace di farlo sorridere, ma io non pensavo alla chiesa di Jaddico.
Non ero tanto al corrente di Jaddico e di queste cose: Che ne sapevo di queste cose. Se avessi saputo di Jaddico mi sarei detto che la Madonna gli aveva dato il sorriso.
UN TESTIMONE VITO L.
Ti ringrazio Teodoro, per tutto quello che con la Tua umiltà mi hai insegnato, per il Tuo sorriso sempre disponibile, per la Tua calorosa stretta di mano che mi mancherà moltissimo e, soprattutto per quello che hai saputo offrire ai nostri cuori.
Quelle che abbiamo elencato, in base alle testimonianze che ci sono arrivate, non sono virtù, non quelle che la chiesa suggerisce per canonizzare un santo. Papa Francesco in “Gaudete ed esultate”, come poi leggeremo, ci parla del santo della porta accanto.
Santi si diventa quando nell’ordinario di ogni giorno si fanno cose straordinarie.
Santi si diventa quando si è in grado di diventare altro, rispetto ad altri, rispetto a chi ci sta accanto, rispetto a quello che il mondo oggi chiede di essere o addirittura costringe ad essere.
I santi non sono quelli che fanno i miracoli. Sono santi perché hanno riconosciuto la loro piccolezza, la loro povertà, la loro incapacità ad essere ciò che volevano essere e si sono fidati di Dio.
Se di miracoli vogliamo parlare, ebbene la frase è “sii tu il tuo miracolo”.
Nel film “Una settimana da Dio”, chi impersona Dio dice all’altro: “Sii tu il tuo miracolo”.
Ebbene Teodoro è stato lui stesso il suo stesso miracolo. La sua conversione è stato il suo miracolo. Teodoro aveva capito che non poteva più confidare in se stesso. Teodoro ad un certo punto riconosce la sua vulnerabilità. Fino ad allora aveva avuto la presunzione dell’uomo che voleva farcela da solo, addirittura arrogante perché poteva fare a meno degli altri. Pensava di poter essere sempre così. Questo il dramma più grande.
Il vigile urbano Vittorio San Giorgio descrive Teodoro che dirige il traffico stando sulla pedana di porta Mesagne. Agitava le braccia con i guantoni bianchi e il casco in testa . Era uno spettacolo vederlo all’opera: “Preciso, sicuro di se, coordinato, autoritario conduceva la circolazione in modo perfetto inserendo ad ogni movimento ripetuti trilli di fischietto.”
Il prof. Aberto Del Sordo ci dice che quando Teodoro dirigeva il traffico sembrava un generale che stava combattendo un’aspra battaglia. Era sicuro di se stesso, l’uomo vecchio che stava in Teodoro era troppo sicuro di se stesso.
Ebbene in “Gaudete ed esutate di Papa Francesco” ritorna prepotente l’esigenza della gioia come “segno di Grazia”, forse stiamo parlando della gioia che ormai Teodoro aveva dentro di se, di quella gioia che Teodoro inconsapevolmente esprimeva attraverso quel suo sorriso. Gioia intesa come manifestazione convinta della presenza del divino nell’uomo che parla soprattutto grazie al sorriso benevolo. In quell’uomo c’è una sicurezza interiore, una serenità piena di speranza che offre una soddisfazione spirituale incomprensibile secondo gli impegni mondani.
Crescendo e maturando nel cammino sacerdotale, ci dice un sacerdote, la vita mi ha offerto rari momenti in cui poter incontrare Teodoro, cogliendolo sempre defilato e schivo da ogni forma di autoaffermazione o di interesse da parte della gente.
Pensando al clamore che tanti pseudo veggenti suscitano oggi, credo che quella di Teodoro sia stata una esperienza di vita segnata dall’autenticità della sua umiltà, com’è nella tradizione ecclesiale di grandi uomini e donne del passato.
Il suo ricordo mi accompagna dolcemente come monito a vivere lontano dai clamori e dalle passerelle del mondo , cercando quell’unica sorgente di vita che solo la fede più nuda e più povera può offrire.
Solo oggi posso riconoscere che quello sguardo umile, dolce e sorridente era nutrito di cielo, un cielo che si era reso presente su questa nostra povera terra.
Chissà se Teodoro abbia mai detto alla nostra Madonna di Jaddico: “Spero di farti sorridere, perché se così è allora il tuo sorriso è la mia salvezza, l’unica mia vera gioia.”
Mi piace concludere con uno stralcio del Salmo 19 (18): “I comandi del Signore sono limpidi, danno luce ai miei occhi”.