Questo mese non siamo riusciti a pubblicare le foto del pellegrinaggio, perchè la scheda sulla quale vengono memorizzate si è smagnetizzata.
Siamo comunque riusciti a recuperare questa bella foto, relativa a questo pellegrinaggio di febbraio.
Una vita segnata dalla “Luce” della Madonna di Jaddico
(tratto da “Il muro di Jaddico” di Dario Amodio)
Vittorio Stasi, 90 anni, una vita passata a lavorare in campagna, con gli occhi sempre aperti e lo spirito vigile per osservare, capire, e imparare dal libro della natura, dai cicli delle stagioni, e cogliere i frutti della terra, la sapienza delle cose create. È cresciuto così, accumulando tesori di esperienza mentre la vita volava: prima bersagliere di leva, poi la seconda guerra mondiale, il matrimonio, i figli, ora i nipoti; custodendo un segreto nel cuore che ha segnato una svolta nella sua esistenza: “la luce della Madonna di Jaddico” che gli si è rivelata quando lui aveva cinquanta anni. Non è che non credesse in Dio, prima di allora, ma aveva una fede così, né calda né fredda, come tanti cristiani in circolazione; anzi, quando lavorando in campagna gli capitava di ferirsi alle mani, erano giù moccoli e bestemmie da non credere. “Ma poi mi pentivo” dice.
Un giorno suo fratello Cosimo gli fa: “Non sai che si dice in giro? Che a Jaddico il vigile urbano D'Amici ha visto la Madonna. E ora la gente si riunisce lì in preghiera”.
“Proprio lui, che è così severo!” fu il suo commento.
Il vigile Teodoro D'Amici gli era ben noto perchè periodicamente arrivava nella loro masseria di Pigna Flores per effettuare i prelievi di sangue ai montoni, per motivi sanitari. Per questo fatto c'era tra loro una certa conoscenza.
Comunque, la cosa non finì lì. Qualche giorno dopo, spinto dalla curiosità, Vittorio volle andare a vedere. Raccolse un fascio di rose dal suo giardino e andò a Jaddico. La zona la conosceva bene perchè c'era stato a caccia. Erano circa le ore diciotto, c'era ancora una buona visibilità, non c'era nessuno. Il luogo era selvatico: infestato da bisce, lucertoloni, serpi, rovi e canneti. Era impressionante.
Si avvicino al muro dove c'era l'affresco sbiadito da tanti secoli a cielo aperto. Sotto l'affresco cerano fiori, ma seccati dal sole; li tolse e posò le rose fresche che aveva portato, dicendo dentro di se: “Madonna mia, sarà che non sono degno, ma te le offro col cuore. Se vuoi te ne porterò ancora”.
“Ed ecco – ricorda- tutto ad un tratto mi sentii vuoto, vuoto di ogni cosa mentre venivo avvolto da un profumo immenso. Io guardavo dappertutto per individuare la fonte di quel profumo, ma gli unici fiori che cerano erano secchi, ed io ero solo. Camminai vicino al canale che tuttora passa accanto alla chiesa. Era un acquitrinio, uno stagno popolato di rospi e ranocchie. L'acqua del canale era puzzolentissima. Proprio li vicino fui colpito da una seconda ondata di profumo meraviglioso, sembrava di viole. L'acqua puzzolente si trasformava in profumo. Dissi dentro di me: “Devo tornare quando dicono la preghiera”.
Tornò quella sera stessa portando con sè la moglie e le sorelle. C'era già un nutrito gruppo di persone, uomini e donne, parecchi uomini, che pregavano con grande fede, come se parlassero con la Madonna. Recitarono il Rosario. Nei giorni seguenti Vittorio pensava continuamente all'esperienza del profumo e sentiva dentro di sè una spinta a ritornare in quel luogo.
Continuò a frequentare Jaddico, e ogni due-tre sere portava con se nella sua macchina (una Fiat 600) parenti, amici o persone curiose di sapere meglio quella storia. Durante il Rosario a qualcuno capitava sempre di avvertire il profumo, ad altri no. “E la cosa più mi incuriosiva: - dice - come mai di due persone che si trovavano una accanto all'altra, una sentiva il profumo e l'altra no?”.
Per tutto il mese di maggio portò le rose del suo giardino e, molte volte, non all'andare, quando i fiori erano in macchina, ma al ritorno a casa, a metà strada, avvertiva un profumo intenso di viole che esercitava su di lui una forte attrazione e lo spingeva a tornare un'altra volta.
Quando portò l'ultimo mazzo di rose, perchè non ce n'erano più, si scusò con la Madonna: “Madonna mia – disse - queste sono le ultime rose che ti porto perchè ormai le mie piante, di rose, non ne cacciano più”.
Era la sera del 27 maggio 1963, quella sera ci fu l'ultima illuminazione. Ecco come la ricorda Vittorio Stasi.
“Eravamo forse una settantina di persone, tutte in preghiera. C'era un contadino che abitava li vicino, Cosimo Melacca, che guidava la recita del Rosario. La chiesa era un cantiere, si cominciava a costruire. Al centro c'era come un burrone. Noi stavamo sulla strada. Il cielo era pieno di stelle. Vedevo il vigile Teodoro ai piedi del muro della Madonna; era entrato in estasi e soffriva da fare pietà, come un uomo abbattuto, il respiro era forte, sembrava un rantolo. Il profumo si sentiva dappertutto. Terminato il rosario, il vigile cercava di tornare in mezzo a noi, ma non sembrava in grado di reggersi da solo. Allora scesero a prenderlo. Poi, con lui presente, la moglie signora Giuseppina recitò 15 Ave Maria, Salve Regina e concluse con la giaculatoria: “Maria concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi”. Lo ripetemmo tre volte.
In quel momento mi accorsi che l'aria si era fatta immota e silenziosa. Non soffiava un alito di vento. Non si sentivano più nemmeno le rane, i grilli, nessun rumore, nemmeno il più piccolo. Anche i rumori lontani erano completamente cessati. Sulla strada dove normalmente passavano le macchine non transitava nessuno.
Improvvisamente udimmo il vigile D'Amici gridare: “La Madonna! La Madonna!” Io non vedevo nulla, e nemmeno gli altri. Ad un tratto si sentì una forte scossa di terremoto come un rombo, come se si schiantasse una grande pietra e sotto ci fosse il vuoto; sentii come quando aprono un grande portone di ferro che cigola e fa “vruuuuuum”.
Guarda in faccia al muro, che era buio, e in cima al muro vedo serpeggiare un guizzo infuocato come un lampo. Poi apparve una verga di fuoco delle dimensioni di un braccio duomo, ma di fuoco, e colpì la parte superiore del muro; allora da quel muro uscirono tante fiammelle di fuoco, più di cento, di fuoco rosso, e coprirono l'intera facciata del muro, intorno al quadro della Madonna, e scendevano giù come una cascata e toccando terra si spegnevano.
Appena queste si spensero tutte, lentamente, il muro si accese di una stupenda luce cristallina che sembrava che il muro stesse in un blocco di ghiaccio, mentre riflessi di luce scendevano dal cielo. Si illuminò tutto, tutta la contrada si illuminò. Io rimasi immobile ma vigile, ansioso di vedere da dove provenisse quel fenomeno.
La gente intorno a me piangeva buttata per terra. Io restai in piedi con la curiosità di riflettere, e vidi a un angolo del vecchio muro, dove ora c'è l'ambone con i tre angioli, vidi come una nuvola bianca, come un spirito in forma umana, un manto tutto bianco, trasparente, e sopra a questa figura un riflesso di luce con tanti raggi lucenti. Dissi tra me e me: “Se fosse fumo dovrebbe svanire”.
Di là partirono dei raggi di luce potentissima del colore di una grossa stella che si proiettarono intorno e ritirandosi, si spensero. Seguì una forte reazione: un tuono con lo spostamento dell'aria, le gambe mi tremarono e caddi in ginocchio, non sapevo che fare.
A questo punto, a sinistra del muro della Madonna, a destra di chi guarda, in alto, all'altezza del muro, nel vuoto esistente tra il muro della Madonna e il muro perimetrale della chiesa che era in costruzione, apparve una cosa simile ad un buco nero delle dimensioni di circa 70 centimetri di diametro. Girava vorticosamente in senso orizzontale e risucchiava tutta la luce, ed io vedevo tanti fili sottilissimi e luminosi che si attorcigliavano vorticosamente come una matassa e scomparivano all'interno di quel buco. Poi vennero le tenebre, e quando tutto si spense si avvertì di nuovo un grande profumo. Restammo ancora li a piangere e a pregare”.
Ecco, la commozione lo assale di nuovo, e con gli occhi lucidi confessa: “Giorno e notte ci penso, sto sempre col pensiero alla Madonna, al suo dono, a quella luce misteriosa, a quel profumo meraviglioso. Ancora oggi, quando la sera mi vado a coricare, mi sale alla mente quella visione, e io la rivedo in tutti i particolari come fosse accaduta ieri , e sono passati quarantatrè anni”.