Questa foto è stata scattata il 15 giu 2008, sul piazzale Sant'Apollinare, in Brindisi, durante la visita del Papa Benedetto XVI.
Eravamo in sessantamila. Padre Innocenzo saluta i ragazzi del coro.
PELLEGRINAGGIO DEL 27 NOVEMBRE 2010
Questo mese si è aperto con la festa di tutti i Santi e, a seguire, con la giornata in cui ricordiamo i nostri defunti.
Giornate di grazia, durante le quali abbiamo potuto lucrare, per ben otto giorni, per ben otto volte, per ben otto anime del purgatorio, l’indulgenza plenaria, per loro, che da lassù continuano sempre, incessantemente, a pregare per noi.
Questo pellegrinaggio al quale tutti i mesi partecipiamo: sole, pioggia, vento, anche giornate belle, ma a cosa serve?! Ma naturalmente, come in altre occasioni abbiamo detto: per dare un senso alla vita, per guardare alla meta. Serve a creare un dialogo tra noi e il Signore e dirgli, sia pure senza il bisogno di usare un linguaggio: “Io ti voglio bene, io voglio entrare nel tuo Paradiso, tu sei il mio Dio, Tu conosci le mie debolezze, le mie contraddizioni. Il mio peccato mi sta sempre dinanzi”.
Mi piace pensare che, dopo tutto questo, quando ci affacceremo nella prossima vita, ci verranno incontro le anime dei defunti che, attraverso noi, hanno avuto il beneficio dell’indulgenza plenaria. Staranno lì ad aspettarci, ci prenderanno per mano, ci faranno festa e ci condurranno in quel Paradiso, se la misericordia del Signore lo consentirà, e potremo finalmente stare alla Sua presenza. Lo contempleremo, e vedremo la luce del suo volto. Lo vedremo, faccia a faccia.
In altri mesi, quando il ventisette, in pellegrinaggio, dopo due ore di pioggia o di sole a picco, si arrivava a Jaddico, durante la messa, Padre Innocenzo ha avuto per noi parole di incoraggiamento: “Siete stati eroici.”, ci diceva.
Lo scorso mese ci siamo detti che avremmo parlato di Padre Innocenzo. Lo facciamo con un articolo uscito, pochi giorni fa, sul foglio “il ventisette” di Jaddico.
Per ragioni di spazio il foglio di collegamento di Jaddico riporta il pezzo che riguarda Padre Innocenzo in versione ridotta. Ci è stata data la possibilità di poterlo pubblicare in maniera integrale, e lo facciamo qui di seguito.
u.p.
Voleva morire a casa sua, nella sua Jaddico
Il Rettore del Santuario di Santa Maria Madre della Chiesa
Padre Innocenzo Parente
Sul mio cellulare lo squillo di un messaggio.
E’ Anna, che sabato 16 ott. mi scrive:
“Dalla Madonna di Pompei, un caro saluto e una preghiera di cuore, per te e la tua famiglia.”
Le rispondo: “Grazie per le tue preghiere. Raccomanda Padre Innocenzo al Signore, sta molto male. Ciao, Tonino.”
Ancora il giorno seguente, al mattino:
“Buongiorno Tonino, sono davanti alla Madonna di Pompei, a Lei ho affidato Padre Innocenzo. Santa giornata.”
Ed io: “Sto andando a Jaddico, mi hanno appena telefonato per dirmi che Padre Innocenzo è morto alle due e un quarto. Ciao, Tonino.”
“Tonino, mi dispiace moltissimo, ma con gli occhi della fede sono felice, perché ora è in Paradiso, insieme alla Mamma celeste, a Gesù, ai Santi e agli Angeli.”
Proprio così, il nostro Padre Innocenzo Parente era morto, al mattino presto. Me ne aveva dato notizia Alfredo, il fratello di Padre Innocenzo.
L’8 ottobre avevo capito la gravità della situazione. Ho capito che lo stato di salute di Padre Innocenzo, che tutti noi conoscevamo, era precipitato.
Sapevo già che negli ultimissimi tempi era stato in ospedale a Lucca e poi, dopo pochi giorni che era tornato a Brindisi, era stato portato in ambulanza in ospedale a San Giovanni Rotondo, e poi ancora in clinica a Bari.
Le condizioni, al suo arrivo alla clinica oncologica "Mater Dei" di Bari, risultarono subito gravi. Il primario, dott. Gadaleta, si mostrò molto preoccupato.
Ho fatto un po’ di fatica a mettermi in macchina per andare a trovarlo, ma era quello che sentivo nel cuore. Mi faceva difficoltà la distanza e perché mi sarebbe servita tutta una mattinata. Ed è stato così che, con l’incoraggiamento di mia moglie, martedì 12 ott. mi sono detto che era arrivato il momento.
Tangenziale di Bari, quartiere San Pietro, via Amendola, Clinica Mater Dei.
Appena dentro la clinica, mi sono avvicinato al bureau ed ho chiesto dove avrei potuto trovare Padre Innocenzo Parente.
“Non è qui da noi”, mi ha risposto gentilmente quella persona.
Ho subito capito l’errore. Nella cappella della clinica, il religioso era un “Padre”, e non era certamente il nostro Innocenzo, per cui ho precisato che in quella clinica era ricoverato.
Al secondo piano, in quel reparto, in quella stanza, ho visto il fratello di Padre Innocenzo.
Mi sono affacciato e timidamente ho chiesto se potevo entrare. Alfredo mi ha riconosciuto. Sul suo viso, un sorriso di benvenuto, e così, dopo pochi passi, ero dentro.
Appena Padre Innocenzo mi ha visto ha abbozzato un sorriso, quanto le sue forze gli consentivano, e, in quello stesso momento, lentamente ha sollevato la sua mano destra in segno di saluto, ma anche per invitarmi a farmi avanti. Ha anche detto qualcosa mentre faceva tutto questo, qualche parola, appena un sussurro. Non ho potuto capire.
Aveva appena chiesto che gli venisse aperta la finestra, per un po’ di aria fresca. Aveva bisogno di respirare: l’aiuto che gli dava l’ossigeno, attraverso i tubicini che gli arrivavano al naso, non era per lui sufficiente.
L’ho salutato. Mi sentivo imbarazzato per lui.
Lui, sempre così riservato, ed io che ero lì, ad infrangere la sfera del suo privato.
“Sono venuto a chiedere la tua benedizione”, gli ho detto sorridendo, ma non è stato possibile continuare, perchè una infermiera ci ha chiesto di uscire. Stavano arrivando i medici per la visita.
Appena fuori dalla stanza ho chiesto ad Alfredo se avesse avuto piacere ad avermi visto. Magari si sentiva in soggezione a farsi vedere così, da me.
Alfredo mi ha risposto che era contento.
Chi meglio di lui poteva capire i movimenti e le espressioni di Padre Innocenzo, che ormai non aveva più la forza di parlare, se non solo un sottile filo di voce.
Quando siamo potuti finalmente rientrare, ho notato che l’altra persona, pure ricoverata in quella stanza, metteva ordine fra le sue cose, cambiava reparto.
Avevano passato assieme, separati dalla breve distanza di un piccolo corridoio tra i due letti, intere giornate. Avevano in comune gli stessi problemi, le stesse preoccupazioni, lo stesso male.
Appena Guglielmo si è alzato dal letto, è questo il suo nome, ha percorso i pochi passi che lo separavano da Padre Innocenzo e lo ha abbracciato.
Padre Innocenzo ha ricambiato l’abbraccio.
Nei loro occhi si intravedeva la lettura del loro pensiero.
Guglielmo si è poi seduto sulla sedia a rotelle che la figlia gli aveva preparato.
Ci guardava negli occhi, ad uno ad uno, la pelle della fronte era diventata ruvida, contratta, e voleva piangere, ma la sua dignità glielo ha impedito.
Ci guardava, con l’espressione di chi chiede aiuto.
Il rumore assordante di quelle parole silenziose: “Che ne sarà di noi?” Questo è quello che si leggeva sul suo viso.
Gli ho detto solo: “Coraggio”, niente di più. Mi sono sentito inutile.
Ma ben più eloquente le parole che si leggevano sul viso di Padre Innocenzo.
Lui aveva un viso sereno, il suo sguardo raccontava la sua vita. Nel suo sguardo si leggevano tutte quelle parole che lui aveva pronunciato dall’ambone di quegli altari.
Per questo motivo non c’era in lui lamento. Nella sofferenza, nel dolore, tutto offriva a Dio, proprio come aveva fatto Gesù, su quella croce.
Avrà pregato anche con quella preghiera che ci arriva attraverso Gesù e, ad imitazione di quest’ultimo, avrà detto al Padre: “Sia fatta la volontà tua, non la mia”, perché lui sapeva benissimo che la sofferenza e la morte non sono l’ultima frontiera, poiché Dio ci consente di attraversarle come via di salvezza.
Il nostro Vescovo, Rocco Talucci, nella sua omelia, di Padre Innocenzo ha detto:
“Un uomo spiritualmente ricco, accompagnato dalla grazia di Dio. Sentiva il Signore vicino, e sapeva che, per mezzo suo, poteva annunciarLo alle persone che avvicinava. Un uomo al quale “Solo Dio basta”.
Alla fine della Messa, prima che il Padre Arcivescovo congedasse l’assemblea, Padre Enzo Caiffa, Superiore Provinciale dei Carmelitani Scalzi, ha sottolineato che Padre Innocenzo “ha vissuto non per affermare se stesso, ma per diventare una prova dell’affermazione di Dio, per essere un evento che lascia il Signore essere Signore.”
Ed in quel giorno, già dalle prime ore del mattino, su uno dei manifesti con cui si annunciava la sua morte, e che sono stati affissi in città, brevemente, per ragioni di spazio, la “Pia Associazione dei Servi della Madonna”, di lui scrive: “Con il suo stile di vita, ci ha insegnato l’Amore e il nascondimento.”
Se superiamo i confini di Brindisi, Padre Luigi Gaetani, attualmente presso la Parrocchia di S. Maria del Monte Carmelo in Bari, ci dice: “Il tempo trascorso da P. Innocenzo a Bari è stato quasi come un addio a quella chiesa particolare dove lui era stato, per cinque anni, parroco (1973-1978). Non aveva mai dimenticato quella esperienza pastorale, intensa e sofferta, perché rappresentò qualcosa di forte e di importante per la sua maturazione umana e spirituale. Il suo servizio pastorale fu prezioso, in quanto mise le basi per una riorganizzazione e strutturazione della parrocchia. Ancora oggi, dopo più di trent'anni, è ricordato ed amato da tante persone che, insieme con lui, vissero quella stagione di impegno ed amore alla chiesa.”
Ha percorso così la sua strada che gli ha consentito di raggiungere la salvezza, ma io direi meglio: la santità.
C’è stato un momento in cui, mentre si stava assieme, Padre Innocenzo, con molta semplicità, ha chiesto a suo fratello: “Quando torniamo a Brindisi?”. Credo non sia stata né la prima, né l’unica volta in cui Padre Innocenzo abbia fatto questa domanda.
E Alfredo che, rispetto a me, era dall’altro lato del letto, delicatamente, avvicinandosi a lui, e forse prendendogli la mano: “Non appena i medici ce lo permetteranno.”
Lui ha accettato quella risposta, semplicemente così, in maniera mansueta, mite, come suggerisce lo stesso Gesù di Matteo (Mt. 11,29).
In quel primo momento mi era sembrata una domanda fuori posto. Poi ho capito.
Lui era fatto così, non diceva apertamente quello che voleva, perché discretamente lasciava gli altri nella libertà di fare.
Sì, una domanda fatta fuori posto, ho pensato, perché venire a Brindisi, voleva dire perdere ogni speranza; ma ho poi capito, mentre ero in macchina, sulla strada del ritorno.
Lui voleva morire a Brindisi, a casa sua, non in un ospedale o una clinica, ma a casa sua, nel suo convento, nella sua Jaddico. Qui avrebbe voluto chiudere gli occhi.
Alcune notizie che mi sono giunte in un momento successivo, mi consentono di scrivere che fu proprio il peggiorare della sua condizione, che il 14 ottobre, portò i familiari e la comunità dei padri Carmelitani a chiedere un consulto al dott. Gadaleta, per valutare l'opportunità o meno di permanere nella struttura ospedaliera.
Prima di parlare con i medici, Padre Luigi Gaetani chiese a Padre Innocenzo: "Vuoi che torniamo a casa?". La sua risposta fu immediata e ferma: "Quanto prima, Luigi".
Dopo aver parlato ed ottenuto il consenso di lasciare l'ospedale, P. Innocenzo volle salutare i medici e, senza dubbio, fu particolarmente intenso il saluto al dott. Gadaleta. Gli disse con voce ferma e carica di affetto: "Grazie di tutto, di tutto, dottore."
Il dott. Gadaleta, come pure Padre Luigi, non nascosero la propria commozione e, dopo un ulteriore sguardo, si decise di partire per Brindisi.
La dottoressa che lo aveva seguito in quelle settimane e che materialmente stilò il documento di dimissione, volle venire a salutarlo prima che uscisse dal reparto. Anche quello fu un momento intenso, condiviso fra tutti i presenti.
Era evidente la sua volontà di tornare a Jaddico, presso la "nostra Madre", come ripetè più volte.
Proprio in quella Jaddico che lo aveva visto protagonista in quel 1986, quando i Padri sono arrivati a Brindisi e lui era Provinciale dei Carmelitani Scalzi.
Prima di questa ultima data, quel gruppo di uomini che avevano fatto nascere Jaddico, che si erano interessati con tanta diligenza del Santuario, e che si erano costituiti in Associazione religiosa, sotto il nome di "Servi della Madonna", pensano Jaddico animata da una comunità religiosa.
Questo è un fatto positivo, perchè questi ultimi ci trasmettono un insegnamento che denota maturità, un insegnamento che assume un grande significato, perchè sapevano che in questo modo si sarebbero dovuti mettere da parte.
Con questa decisione rinunciano a ciò che fino a quel momento era a loro appartenuto. Capiscono che una comunità religiosa poteva offrire un servizio più efficace, una azione educativa più completa ai fedeli.
Ed ecco che da Maddaloni una telefonata arriva in Curia, a Brindisi.
E’ Padre Innocenzo che chiede di parlare con l’allora Vescovo Settimio Todisco, e a lui dice che, se ancora non aveva provveduto, loro, Carmelitani, sarebbero stati disposti a venire a Jaddico.
E il Vescovo Todisco rispondeva che le comunità religiose fino ad allora contattate non avevano ancora fatto sapere nulla. Continuando, diceva che loro erano stati i primi a dare la propria disponibilità, per cui, se garantivano quell’attività, quell’impegno destinato ad accogliere la gente, a predicare, a consigliare, a confessare, a sollecitare la fede, quella disponibilità quotidiana di formazione delle coscienze, se le loro intenzioni erano quelle di trasformare il Santuario di Jaddico in un centro di formazione spirituale, la sua sarebbe stata una risposta positiva.
E Padre Innocenzo dall’altra parte del telefono rispondeva che loro, Padri Carmelitani, si erano riuniti in “Capitolo” e avevano deciso che, in caso di risposta affermativa, sarebbero venuti a Brindisi, esattamente a quelle condizioni.
Padre Innocenzo ha dato stima e fiducia ad un gruppo di persone. Uomini e donne, che si riunivano, e lo fanno tuttora, in preghiera a Jaddico, tutti i sabati, dalle 23.00 alle 24.00.
E, dopo averli seguiti, osservati in maniera prudente, discreta, silenziosa, come era nel suo stile, su richiesta degli stessi, li ha presentati al nostro Vescovo, Rocco Talucci, informandolo del desiderio, da parte di questi ultimi, di voler rifondare la “Pia Associazione dei Servi della Madonna.”
Io che scrivo, sono uno dei componenti di questo gruppo di preghiera.
Lui sapeva che il loro impegno non si esauriva nel rosario del sabato notte, ma trovava poi missione con la preghiera nelle case degli ammalati.
Aveva conosciuto alcuni di quei primi “Servi” di Jaddico al momento del suo arrivo a Brindisi, ma poi, a causa dell’età , man mano sono venuti a mancare, per cui c’è stato un periodo di vuoto.
Un vuoto che dopo tanti anni viene colmato, una storia che continua, un Vescovo che dice “sì”, per la grande stima nei riguardi di Padre Innocenzo. Tutto è stato possibile grazie alle sue parole, e grazie a quanto, come lui stesso pochi giorni prima mi aveva detto, aveva allo stesso Vescovo scritto.
Ed ecco che il Padre Arcivescovo, Mons. Rocco Talucci, l’8 dicembre 2009, durante la Messa del Pellegrinaggio automobilistico, ne annunciava l’imminente approvazione.
Il 29 gennaio scorso, il Padre Arcivescovo apponeva la sua firma al nuovo Statuto, riconoscendo come realtà ecclesiale la Pia Associazione dei Servi della Madonna del Santuario di Jaddico.
Il riconoscimento ufficiale è del 16 marzo scorso, durante la celebrazione della S. Messa delle ore 18.30, presieduta dal Padre Arcivescovo, e appartengono a questa data le foto in cui è ritratto Padre Innocenzo e che vengono pubblicate.
Era felice, l’ho visto nei suoi occhi e nel suo cuore, lo avvertivo nell’aria, nonostante il suo carattere spesso ermetico. Una grande gioia, che non era per niente inferiore a quella di tutti noi. Era contento, ma anche fiducioso dell’impegno che avevamo in quel modo assunto.
Ma ritorniamo a Bari.
Quando è arrivato il momento, ho detto a Padre Innocenzo che sarei andato via, e delicatamente gli ho chiesto la sua benedizione. Gli ho anche detto che non doveva parlare a voce alta, poteva fare tutto in silenzio. Sapevo che era molto debole, e quasi non riusciva più a parlare.
Sono rimasto seduto accanto a lui, gli ero molto vicino. Spontaneamente il mio corpo gli si è fatto in avanti.
Lui ha sollevato la sua mano destra e ha tracciato nell’aria un segno di croce. Poi la stessa mano me l’ha posata sulla fronte e l’ha tenuta così, mentre formulava la preghiera, il suo pensiero, per qualche secondo.
Pensava di avere finito. Non ancora.
Ho continuato: “Padre Innocenzo, tu mi hai dato la benedizione del Signore, ora io vorrei la Tua benedizione.”
E lui, senza ribattere, stando sempre coricato, rimanendo in silenzio, ma lo vedevo che pregava, ancora una volta, con la mano destra, ha tracciato nell’aria un segno di croce, e di nuovo ha posato la sua mano sulla mia fronte.
Mi sono alzato dalla sedia e gli ho detto che avrei voluto abbracciarlo e baciarlo. Mi sono chinato su di lui, ho poggiato tutta la mia guancia su tutta la sua guancia.
Ho pianto, forse ho singhiozzato. Così per pochi, lunghi secondi. L’ho baciato.
Intanto un medico era appena entrato. Ancora un altro saluto.
Forse non lo avrei più visto. Solo un pensiero inconscio.
Poi sono andato via.
Il 15 ottobre ho richiamato Alfredo, dicendogli che per qualsiasi cosa poteva chiamarmi. Sarei andato subito da lui.
E Alfredo, quando ha capito, mi ha detto: “Pensavo che tu lo sapessi, Padre Innocenzo sta in convento.”
Ma io continuavo a non capire. “A Bari?”, gli ho chiesto, perché è questo quello che pensavo, e lui: “Sta in convento a Brindisi.”
Gli ho detto che gli stavo vicino. Ci siamo salutati così.
Finalmente era tornato a casa sua, lì, dove lui voleva morire, nella sua Jaddico.
Intanto, il 16 ott., alle 23.00, ero a Jaddico assieme agli amici della “Pia Associazione dei Servi della Madonna”, per la preghiera che si fa ogni sabato, fino a mezzanotte.
Non abbiamo iniziato, come è consuetudine, con il rosario, ma pensando e offrendola al Signore per Padre Innocenzo, lo abbiamo fatto con quella preghiera con cui Lui, Gesù, si rende avvocato, difensore di quell’anima per la quale si prega, e non giudice. Quella preghiera che Lui stesso aveva suggerito a suor Faustina, la “divina misericordia”.
Dentro questa ultima parola, se la sbricioliamo, leggiamo che il cuore di Gesù (misericordioso) si china sulla miseria dell’uomo, e lo perdona.
Abbiamo avuto il tempo di recitare il rosario, che abbiamo concluso con le litanie con cui si raccomandano a Dio i moribondi.
In quel preciso orario, lui era già in coma, ma noi ancora non lo sapevamo.
Poco dopo mezzanotte, la preghiera è finita.
Al mattino successivo, come ho già detto, Alfredo, il fratello di Padre Innocenzo, mi telefona per dirmi che è morto. Intanto quelli che già stanno a Jaddico, e che sono arrivati poco prima di me, vedono un bellissimo arcobaleno. Me lo conferma anche Miranda, la moglie di Giacomo.
Una colomba, una delle tante che si vedono lì, a Jaddico, volteggia sul piazzale, poi si posa sul campanile.
Mi piace pensare che facevano festa in Paradiso, e in questo modo ce lo volevano far sapere, proprio in questo giorno, in cui Padre Innocenzo era al cinquantacinquesimo anniversario dalla sua consacrazione religiosa.
Quando a Bari, in clinica, sono rimasto solo con Padre Innocenzo, gli ho parlato, e gli ho detto qualcosa che mi apparteneva, qualcosa che avevo raccontato solo alla mia mamma, appena prima che morisse.
E’ stato ad ascoltarmi, gli ho detto poco, l’essenziale, non ho voluto stancarlo, e lui: “Ne parleremo!”
“Certo, ne parleremo. Lo faremo quando anch’io, nella prossima vita, potrò raggiungerti, spero, se il Signore mi consentirà di entrarci, in quel Paradiso dove Tu già sei.”
Ma, quando si è lì, è ormai tutto chiaro.
tonino
A sinistra, sorridente, Padre Innocenze e il nostro Vescovo, Rocco Talucci, subito dopo la messa da quest’ultimo celebrata il 16 marzo 2010, durante la quale si rende ufficiale il riconoscimento ecclesiale della “Pia Associazione dei Servi della Madonna.”
Padre Innocenzo e il Vescovo, Rocco Talucci.
Ancora un momento di questa stessa giornata, nel salone del Santuario.